Pubblicazioni

SERVIGLIANO – ‘CIVITAS PERFECTA’

Amici di Castel Clementino
LIVI EDITORE 1999
Max Chelli

E’ questo il primo numero dei Quaderni di Castel Clementino, una collana che si propone il recupero della memoria storica di questo antico centro marchigiano la cui origine è romana e la cui ricostruzione costituisce un esempio di buon governo. E non poteva iniziare meglio la serie di queste pubblicazioni che con il lavoro di Max Chelli, dotto e forbito scrittore che rievoca il contesto culturale ed economico in cui operò Virginio Bracci, l’autore di una delle poche città perfette (cioè costruite tutte in una volta) esistenti in Italia e forse nel mondo. Saremo sempre grati a Max Chelli per averci ricordato che Servigliano non è un monumento, ma un giacimento culturale, non un capolavoro universale, ma un delizioso compendio del pensiero architettonico settecentesco. Per quell’etica del futuro che esorta i contemporanei a lasciare alle nuove generazioni un mondo vivibile, dobbiamo anche noi sentire il dovere di conservare le opere di bellezza costruite dai nostri padri. L’etica del futuro si ricollega allora a quella che mi vien di chiamare etica del passato, cioè la nobile curiosità verso le generazioni che ci hanno preceduto e la difesa della verità nei loro confronti, in un’epoca in cui i giudizi verso i padri sono sovente imprecisi e ingenerosi: si pensi a quanto male si è detto del Medioevo e come non meritino affatto l’appellativo di secoli bui quei tempi che disseminarono l’Europa di cattedrali gotiche e di luminosissime pitture. I quaderni proseguiranno cercando di valorizzare gli studiosi di storia locale. Essi rappresentano quel bisogno di memoria che è insito in ogni comunità ed esprimono sovente l’amore per una patria che è concreta perché fatta di persone conosciute e di paesaggi abituali. Storia come ricordo di uomini e cose, di giorni e di opere, di idee e di sentimenti, ma anche di sofferenze e di sconfitte, come quel Sacco di Castel Clementino di cui in questo maggio di fine millennio ricorre il bicentenario. Voglio ringraziare di cuore tutti coloro che mi compagni di strada e tra essi il sindaco Renzo Speranza, di poche parole e molti fatti, il preside Vincenzo Antonelli, che sa conciliare l’entusiasmo con la concretezza, Adolfo Leoni, amabile scrittore e moderno cantastorie e Mario Liberati, già assessore alla cultura della Provincia, studioso di archeologia e di arte. E il mio ringraziamento vada anche a tutti coloro che hanno creduto a questa impresa, l’hanno concretamente sostenuta e incoraggiata. Non si sarebbe potuto realizzare nulla senza di essi e senza la simpatia del popolo serviglianese. Un grazie infine al Rotary Club Alto Fermano – Sibillini, il cui contributo economico ha permesso questa pubblicazione. (Sandro Totti).

ATLANTE STORICO DELLE CITTA’ ITALIANE

Marche 1 – SERVIGLIANO
Edizioni KAPPA 1992
Clementina Barucci

Le serie di volumi dell’ “Atlante storico delle città italiane” si arricchisce di questo studio dedicato per la prima volta ad un centro storico marchigiano. La scelta di Servigliano Online si inserisce in un programma che tende a privilegiare luoghi e insediamenti particolarmente significativi per una millenaria stratificazione storica o, all’inverso, per una originale qualità progettuale: e non c’è dubbio che questo piccolo centro, già assai conosciuto dagli storici dell’architettura e dell’urbanistica per la sua singolarità, appartenga a questa seconda categoria. La ricerca condotta da Clementina Barucci, ricca di osservazioni critiche e di materiali documentali inediti, ci restituisce una vicenda complessa e contraddittoria, nella quale convivono trasformazioni territoriali, istanze riformiste, episodi di una locale microstoria. Tra l’impostazione accademica del piano, geometricamente astratta ma non utopica, e la sua traduzione architettonica, si inserisce tutta una serie di problematiche progettuali e tecniche che acquistano rilievo grazie ad un’analisi puntuale e dettagliata delle fonti: e non è di secondaria importanza la lunga dialettica tra l’antico abitato abbandonato ed il nuovo in corso di costruzione, emblematica di un mutamento che possiamo definire epocale tra medioevo ed età moderna. La volontà di creare un sia pur modesto prototipo di ‘castello’ capace di contrapporsi in tutto, dalla localizzazione alla conformazione spaziale, all’antico centro collinare, appare con chiarezza in tutta la sua evidenza: se i tempi non sono ancora maturi per abbandonare il rassicurante recinto fortificato che da millenni rappresenta anche ideogrammaticamente l’idea urbana, lo sono però per spingere al limite estremo la ricerca di un impianto classicistico, di una radice storicamente determinata cui riallacciare la moderna tecnica urbanistica. Al di là delle simmetrie, delle assialità e delle componenti scenografiche di repertorio, la forma chiusa di Servigliano dimostra infatti una eccezionale unità di concezione, che ci riporta indubbiamente ai più semplici e schematici impianti castrali antichi, ma che in qualche modo conclude un secolare itinerario di ricerca sulla città ad opera dei trattatisti italiani tra il Quattrocento ed il Settecento. Ribaltando un concetto che ci è familiare, e che interpreta la ricerca della norma quasi confinata nella prassi quotidiana attribuendo ai cosiddetti utopisti la prerogativa pressoché esclusiva dell’invenzione, Servigliano sembra invece dimostrare come solo nelle pratiche attuazioni l’urbanistica pontificia di età rinascimentale, barocca e neoclassica riesca ad essere pienamente creativa. Così l’accostamento con altre realizzazioni, da S. Martino al Cimino a Cervia a S. Lorenzo Nuovo, acquista validità non tanto per la delimitazione di un unitario campo di ricerca, quanto al contrario per la complementarietà, quasi la contrapposizione voluta, e portata alle estreme conseguenze da un interno rigore immaginativo, di differenziate e non paragonabili soluzioni spaziali. Ciò sta a dimostrare, anche nel caso che qui ci interessa, la profonda creatività di una urbanistica troppo a lungo tacciata di ripetitività e di passiva subordinazione alle istanze architettoniche. D’altra parte Servigliano resta, anche per la sua conservazione entro l’ambito deciso al momento della fondazione, un monumento del tutto anomalo ed eccezionale, quasi un capriccio bloccato nella sua perfezione, sottratto all’evolversi ed al dissolversi della forma urbana. L’ormai anacronistico circuito difensivo lo ha determinato come centro storico già al momento della edificazione, quasi conferendogli una stabilità ed una storicità collaudata. Già il rapporto di rigoroso parallelismo e di immediata connessione con il preesistente complesso degli Osservanti introduce una possibile interpretazione inversa delle vicende costruttive, quasi che chiesa e convento, preesistenti da secoli, fossero invece stati costruiti all’esterno della porta laterale principale, in diretta collessione con la piazza. Seguendo questo link troverete qualcosa di più sul’ Angela Garden Servigliano. Qui il confronto, e forse anche il modello, il possibile riferimento, corre a Cortemaggiore, dove città nuova e convento partecipano di un medesimo, parallelo ed ordinato schema regolatore. Ma anche un altro elemento contribuisce ad accrescere la sensazione che, come è opportunamente messo in luce dall’autrice, ci si trovi di fronte alla sperimentazione cosciente e coerente di una istanza scientifica: la completa definizione architettonica e monumentale dell’insediamento, la sua appartenenza ad un mondo di valori, più che tecnici e funzionali, storici ed artistici. Come un’unica fabbrica abbaziale, come una certosa o una reggia, la neoclassica Servigliano respinge o almeno limita ogni idea di complessità dialettica tra le diverse componenti urbane: si propone, se mai, come ultima ed isolata codificazione dei rapporti reciproci tra le diverse categorie di edifici pubblici e privati, di spazi e di simboli che compongono la piccola città, che la rendono completa e, al tempo stesso, fuori del tempo. (Enrico Guidoni).

“Palio e Passioni”

Torneo Cavalleresco
Edizioni CARISAP
Fabio Paci

Tutti i serviglianesi amano il Torneo Cavalleresco. Qualcosa che scorre nelle vene, di cui nessuno sa farne a meno. C’è chi parla di piccolo miracolo di provincia; chi spiega il fenomeno coniugando sana rivalità a passione per le proprie origini. Fatto sta che dal 1969 la rievocazione rende speciale Servigliano, terra dove l’amore per la sfida ingiallita dalla storia va al di là di una semplice kermesse paesana.

La pubblicazione Palio e Passioni vuole ripercorrere le vicende che hanno reso celebre il Torneo Cavalleresco, attraverso un lavoro di riesumazione di documenti ma anche d’inchiesta. Negli otto mesi di lavorazione, il contatto con la gente è stato fondamentale: grazie al ricordo e alle testimonianze di chi ha vissuto le fasi salienti della manifestazione, l’opera si presenta come uno spaccato di storia moderna locale. Una piccola ‘bibbia’ da consultare ogni qual volta si sente il bisogno di giostra.

Per non dimenticare: Palio e Passioni nasce con questo obiettivo. Per far sì che tutti possano avere una visione ampia e correttamente informata della rievocazione… Per impedire che documenti – per certi aspetti storici – cadano nel dimenticatoio… Per un aggiornamento su albo d’oro, statistiche, curiosità… Perché i giovani capiscano quanto si è lavorato per allestire un contenitore così di prestigio… Perché anche nelle rievocazioni storiche d’oltre regione si porti una testimonianza tangibile…

Un ponte, quello del Torneo Cavalleresco, lungo trenta edizioni. Indimenticabile la prima: quel 15 giugno di un anno, il ’69, ricco di cambiamenti radicali su scala mondiale. La storia narra di un corteo di sessanta figuranti, di un cerimoniale casereccio, di una Giostra dell’anello avvincente. L’excursus si espande fino ai giorni nostri, narrando le vicende delle componenti di un grande avvenimento. Oggi il serpentone di dame e cavalieri, di papesse e giullari, si snoda in cinquecento unità: ecco il piccolo miracolo, visto che Servigliano supera di poco le 2.300 anime. E poi ci sono una coreografia di lusso (invidiata da tutta Italia), la straordinaria piazza Roma pavesata a festa, la parata di campioni al ‘campo de li giochi’, i riti.

Gli storici definiscono il Torneo Cavalleresco “la splendida festa di colori che nasce e muore lo stesso giorno”. Giusta considerazione. E la festa è resa unica dalle mura del quadrato disegnato nel XVIII secolo dall’architetto pontificio Virginio Bracci.

*Il volume Palio e Passioni (136 pagine) può essere richiesto all’Ente Torneo Cavalleresco (Piazza Roma, 1 – 63029 Servigliano).

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