SUOR ANGELA BENEDETTA BONGIOVANNI (1640-1713)
Clarissa, le si riferiscono varie grazie
Servigliano online fornisce informazioni sulla biografia di Suor Angela Benedetta Bongiovanni. Nata a Servigliano il 23 gennaio 1640 dal capitano Carlo Buongiovanni e da Maria Jallei. Fu battezzata lo stesso giorno da un suo zio Don Andrea Jaffei, pievano della parrocchia di San Marco. Fu una fanciulla di sani costumi, devota, modesta, modello per le sue coetanee. Fin dai primi anni fu istruita nei rudimenti della Fede, nella devozione alla Vergine Maria. Disgustata delle vanità di questo mondo arrivò un giorno a rompere un bellissimo specchio perché ritenuto strumento di offesa per il Signore. Ricevuta la prima comunione non ancora dodicenne mantenne l’abitudine di avvicinarsi al Santissimo Sacramento due volte la settimana: martedì e venerdì. Ammirata per la vita monacale, quando manifestò questo suo desiderio ai genitori, ne ricevette una negativa risposta. Lei, però, tanto disse e tanto fece che all’età di 14 anni poté entrare tra le Clarisse di Monte Santo, Potenza Picena. Qui, suora, consacra tutta la sua vita al Signore in spirito di carità, umiltà e sacrificio. Ebbe le stimmate nelle mani, nei piedi e nel costato, ma ottenne dal Signore la grazia che non comparissero all’esterno e di sentirne solo il dolore. Morì santamente il 24 novembre 1713.
CLEMENTE NAVARRA (1756-1845ca)
Nasce il 23 luglio 1756 a Servigliano dal Capitano Luigi e da Rosaria Iaffei. Ultimo di sette figli. Dal matrimonio con Rosa Calderoni da Velletri, ebbe Luigi nato il 10 giugno 1783. La sua casa, sin dal metà del secolo XVIII, subì le conseguenze della frana che portava al crollo l’intero paese. Di conseguenza tutta la Famiglia Navarra si trasferì nel nuovo insediamento, voluto da papa Clemente XIV presso il Convento dei Frati, vicino al fiume Tenna. Nell’Insorgenza del 28 maggio 1799, gli moriva da eroe e da martire il figlio Luigi presso il piccolo sperone detto la ‘Castelletta’, vicino al fiume Tenna perché riconosciuto dalla sua uniforme bianca e dal cappello piumato. Clemente spirito intelligente, fin da giovane si era dato tutto al mestiere delle armi, ed era stato uno dei capi più influenti nell’Insorgenza della Marca Fermana. Continuò poi il servizio sotto i Borboni di Napoli, ed ebbe il grado di colonnello. Ebbe parte attiva anche negli avvenimenti dei Regni di Giuseppe Bonaparte e di Giocchino Murat. Non si sa l’anno della morte, ma è certo che avvenne in tarda età.
PADRE GIOVANNI CURI (1771-1846)
Gesuita – teologo
La Pontificia Università Gregoriana, una delle istituzioni veramente internazionali nel campo della cultura, aveva come Professore di Teologia Dommatica dal 1829 al 1832, P. Giovanni Curi, nato a Servigliano il 13 dicembre 1771. In seguito vi insegnò anche Teologia morale (dal 1834 al 1842) ed Istituzioni di Diritto canonico dal 1839 al 1840. La sua cultura era vasta e profonda, da poter insegnare più materie, ma anche la sua umanità era ricca. Era un giovane di umili origini quando, dopo avere frequentato gli studi a Fermo e dopo essere stato ordinato sacerdote, si recò a Roma per approfondire lo studio della Teologia. Don Giovanni aveva una memoria formidabile, tanto che un Padre domenicano lo esortò allo studio della Summa Theologica di S. Tommaso. L’opera comprende più volumi, e il nostro Don Giovanni se li imparò tutti a memoria. Lo si poteva definire un pozzo di scienza. In seguito tornò a Fermo ad insegnare, lo nominarono canonico, ma vi rinunziò spontaneamente per dedicarsi alla predicazione. Era un uomo di ardore straordinario e valente oratore, tanto che quando predicava a Piazza Navona andò ad ascoltarlo lo stesso Pontefice Leone XII, che lo volle suo confessore. Morì il 20 maggio 1846. E’ il prozio di Mons. Augusto Curi.
LUIGI VECCHIOTTI (1804-1863)
Musicista e compositore
Nasce a Castel Clementino, oggi Servigliano, l’11 maggio 1804, dai coniugi Sebastiano Angelo Antonio e da Angela Benedetta Jallei. Terminate le scuole elementari ebbe a frequentare gli studi di Filosofia e Lettere a Fermo, presso i Filippini e contemporaneamente Musica sempre a Fermo sotto la guida del maestro Curci direttore della Cappella del Duomo. A 18 anni lo troviamo a Bologna e poi a Milano, nel cui conservatorio completò gli studi di composizione con il maestro Federici. Dal 1827 al 1841 è a Urbino a dirigere, quale vincitore di concorso, la Cappella del Santissimo Sacramento. Dal 1841 al 1863 è a Loreto come direttore della Cappella Lauretana, ammirato e stimato da tutti. Nominato da Pio IX Cavaliere dell’Ordine di San Silvestro, socio di molte accademie in Italia. Celebre di questo grande musicista compositore la Messa funebre per i caduti di Castel Fidardo, e altre opere, soprattutto sacre, di notevole pregio. Loreto lo onora con un epigrafe di alto valore civile e religioso nella Basilica della Santa Casa, mentre il Municipio di Servigliano ha nella sala consiliare un busto di questo artista con una scritta molto significativa. Da ricordare che al suo nome è dedicata la scuola media e la via dove sorge la sua casa.
DON SERVILIANO VECCHIOTTI (1819-1876)
Docente, fondatore del ‘Montani’ e della CariFermo
Nasce a Castel Clementino da Angelantonio e da Clementi Teresa il 6 febbraio 1819. Nel 1842 è ordinato sacerdote a Fermo. Dopo un breve periodo di esperienza pastorale a Sant’Elpidio a Mare, nel 1843 è parroco alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano e Caterina a Fermo. Zelante e obbediente. Profondo studioso di Scienze naturali e Matematica. Dal 1849 al 1851 lo troviamo insegnante di Matematica nelle scuole pubbliche di Fermo, poi in Seminario, sempre docente di Matematica e Fisica per 17 anni. Operoso a vantaggio di tutti e della Chiesa in particolare. Esaminatore sinodale per il clero, giudice di cause criminali presso il Tribunale Arcivescovile di Fermo. Uno dei fondatori della Cassa di Risparmio di Fermo e dell’Istituto Industriale. Predicatore indefesso, confessore assiduo, consigliere spirituale, generoso, stimato da tutti . Muore a Fermo di difterite il 17 luglio 1876.
MONSIGNOR AUGUSTO CURI (1870-1933)
Nasce a Servigliano il 15 agosto 1870 da Geremia e da Virginia Graziaplena. Fu educato in famiglia per le cose di chiesa e manifestò precocemente costante inclinazione allo Stato ecclesiastico. Perduto il padre a dodici anni ebbe nella madre un vero tesoro, un modello di educazione e di santità. Entrò nel seminario di Fermo a 11 anni e compì tutti gli studi con lode, stimato dai compagni e superiori. Fu ordinato sacerdote il 24 marzo 1894 dall’Arcivescovo Cardinale Malagola che ebbe per lui un affetto particolare. Resse, prima, la parrocchia di Santa Caterina.Vinse il concorso per l’importante Arcipretura di Montottone, ma fu rivendicato come priore della insegne Collegiata di San Michele Arcangelo in Fermo, e quindi rinunziò a prendere possesso in quel di Montottone. Insegnò nel seminario di Fermo Teologia morale, Teologia pastorale e Diritto canonico. Il 23 dicembre 1918 il Santo Padre lo nominò Vescovo di Cagli e Pergola. Qui rimase sino al maggio 1925, quando venne nominato Arcivescovo di Bari, dove faceva il suo ingresso solenne il 18 ottobre dello stesso anno. Qui, circondato di affetto, stima, vera ammirazione, moriva stroncato da un tumore il 28 marzo 1933, lasciando largo rimpianto in quanti lo avevano conosciuto e ne avevano apprezzato l’apostolato in ogni settore della vita sociale, politica e religiosa.
AMARINTO CAMILLI (1879-1960)
Da Felice Raffaele Camilli (contadino) e da Maddalena Monti (casalinga) nasceva il 13 dicembre 1879, in contrada San Pietro di Curetta di Servigliano, Amarinto Pietro Mario, per tutti Amerindo. Grande studioso, uno dei più grandi fonetisti d’Italia. Dal 1912 faceva parte dell’Associazione Internazionale di Fonetica e rappresentava l’Italia in questo campo. Da giovane si era staccato dalla sua amata terra, ma il parlare del luogo natio lo interessò al punto che le dedicò un’opera veramente pregevole: ‘Il dialetto di Servigliano’, pubblicata nel 1929, oggi merce rara per i cultori di studi sulla lingua parlata. Frequentato il liceo, Camilli si diede agli studi di Medicina a Roma, ma lasciò presto queste aule per dedicarsi completamente a ciò per cui si sentiva veramente portato: Fonetica, Metrica, Letteratura, Filosofia. Per guadagnarsi da vivere fu insegnante avventizio, correttore di bozze, revisore di manoscritti e trascinò la vita tra stenti e difficoltà, prima a Roma, poi in Romagna, nel Napoletano e da ultimo a Firenze, dove si era trasferito dopo il 1930. Qui, circondato da amici ed estimatori, diede un notevole contributo all’Accademia della Crusca. Benedetto Croce lo ebbe tra i suoi più validi interlocutori e Camilli ne andava fiero. Numerosi sono gli scritti da lui pubblicati. Tra questi ricordiamo: ‘I fondamenti della Prosodia italiana’; ‘Pronuncia e grafia dell’Italiano’; ‘Il dialetto di Servigliano’; ‘Grammatica italiana per la Scuola Media’. La casa Editrice Sansoni – Firenze – nella ‘Rivista di Letterature moderne e comparate’ volume XIII (n. 1-2 giugno 1960) a firma di Santoli e Pagliai (presso l’Accademia della Crusca) elenca, dopo un ricordo su Amerindo Camilli, ben 222 tra: recensioni, note, opere ed articoli. Che tipo era il Camilli? Pensoso, triste, occhi vivaci, sguardo profondo, desideroso di solitudine. La vedova Tina Assirelli, sposata nel 1919, di Rocca San Casciano, lo amò, lo assistette, lo confortò in ogni momento. Morì dopo lunga malattia il 23 febbraio 1960. Era per tutti ‘il professore’, pronto a chiarire dubbi, a rassicurare, a dare certezze. Professori di ogni ordine e grado, anche universitari, del calibro di: Carlo Pellegrini; Vittorio Santoli; Delio Cantimori; Michele Barbi; Giorgio Pasquali; Tristano Bolelli; Mario Apollonio; Concetto Marchesi; Giacomo Devoto; Walter Binni; Raffaele Spongano; Manara Valgimigli; Alfredo Galletti; Bruno Migliorini; provveditori agli studi; nostri illustri fermani come Pompilio Bonvicini e Silvestro Baglioni; studiosi del dialetto quale il Crocioni, davano alle stampe i loro scritti solo dopo il placet del Camilli. Questo cultore aveva una penna veramente… d’oro, anche se materialmente molto umile, infatti era un semplice frammento di canna di bambù appuntito. Sul seguente link troverete ulteriori informazioni sulle Marche eventi Servigliano.
* Nel 1971 (delibera di Consiglio comunale n. 66 del 3.10.1971) la Città di Servigliano ha dedicato una via al prof. Amarinto Camilli. La via, verso nord, è a ridosso della Statale 210 nell’innesto con via Mazzini.
GAETANO VECCHIOTTI (1886-1973)
Console e Ambasciatore d’Italia
Nasce a Servigliano il 2 febbraio 1886 dal Commendator Guerriero Giuseppe Vecchiotti e da Benedetta dei Conti Gualtieri. Terminate le scuole elementari, ebbe a frequentare e conseguire la licenza liceale presso il convitto Nazionale Amedeo di Savoia di Tivoli e la laurea con il massimo dei voti in Scienze Consolari alla Scuola Superiore di Commercio di Venezia. Addetto consolare a Barcellona e destinato poi in qualità di Vice – Console a Cannes. Promosso console resse i Consolati di Barcellona, Florianopolis, Giannina, Nancy e infine quello di Basilea. Dopo la promozione a Console Generale, resse quale titolare, i Consolati di Lione, di San Paolo del Brasile e quello di New York. Il governo francese per le sue non comuni doti di mente e di cuore gli ebbe a conferire la decorazione dell’Ordine della Legione d’Onore. Morì a Servigliano il 21 dicembre 1973. L’11 novembre 1913 si era unito in matrimonio nel Principato di Monaco con Cecilia White, figlia di Armando Alonso e di Maria Luisa Knight.
SUOR MARIA LIBERTA ISIDORI (1889-
Missionaria
Nata a Servigliano nel 1889, Suor Maria Liberata Isidori, ‘Pioniera tra i Lebbrosi’, ‘Stella della Solidarietà Italiana’ (del Consolato d’Italia nel Brasile), viveva nel Lebbrosario di Santa Fe, dedicando la sua vita all’attività missionaria. Leggiamo da una sua lettera dell’8 agosto 1962, all’età di 73 anni: “Il giorno 8 aprile 1912 ho lasciato la casa paterna per seguire la voce di Dio che mi chiamava allo stato religioso, nella Congregazione delle Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario… Nel 1928 ho preso parte al primo gruppo di Suore destinate ad aprire la prima casa nel lontano Brasile, nella città di San Josè di Rio Pardo, nello Stato di San Paolo… Nel 1934 le nostre suore sono state chiamate ad assumere la Direzione ed amministrazione del grande Lebbrosario Santa Isabella; in quel tempo contava 2.500 lebbrosi. E spontaneamente mi sono offerta, con oltre 15 consorelle, a prestare il mio servizio, in beneficio di questi poveri infermi, rifiuto della società; solo il Buon Dio è testimonio dei sacrifici fatti durante 28 lunghi anni…”. La sua Congregazione abbraccia tutte le opere di Assistenza Sociale, compresa l’assistenza materiale e spirituale a ben 5.000 lebbrosi, divisi in tre grandi lebbrosari, tutti nello Stato del Minas Gerais, Brasil. Tutta la sua vita è stata al servizio degli altri.
MONSIGNOR GIUSEPPE ORESTE VIOZZI (1890-1966)
Nasce a Servigliano il 9 agosto 1890 da Achille e da Carolina Bruni. Nell’ottobre del 1904 entra nel seminario di Fermo, dove si distingue per puntualità, ordine, zelo ed impegno negli studi e nelle pratiche religiose. Il 18 giugno 1916 viene ordinato sacerdote dall’Arcivescovo Monsignor Castelli. Dall’ottobre del 1919 al 1921 lo troviamo cappellano a Pedaso e poi a Monte San Pietrangeli. L’11 novembre 1921 la locale confraternita del Santissimo Crocifisso lo chiama come arciprete – parroco nella Collegiata di San Marco a Servigliano, dove rimane sino alla morte, avvenuta improvvisamente il 20 novembre 1966. E’ stato un prete modesto, delicato, retto, preciso in tutto, votato al sacrificio, al bene della Chiesa, dei sofferenti, dei parrocchiani, di quanti – in modo particolare durante la seconda guerra mondiale – furono bisognosi di un aiuto materiale e, soprattutto, spirituale, nell’ex campo profughi. Aveva partecipato come cappellano militare alla prima guerra mondiale e già da allora si era distinto per le sue eccezionali doti profondamente umane. Era un’ottima penna. Ricercato anche da altri sacerdoti perché in grado di dare al momento opportuno consigli di alto pregio. La scuola elementare di Servigliano è intitolata a lui.
RINALDO RINALDI (1898-1974)
Poeta contadino
Il 12 gennaio 1974 tutta Curetta di Servigliano diede estremo saluto al cantore di Ottave, nonché scrittore di buon gusto di versi che ancora oggi vengono declamati, Rinaldo Rinaldi di anni 76. Era stato da giovane nella Maremma toscana per lavorare tra i guitti e nelle lontane Americhe, portando sempre con se libri di poesia come la Divina Commedia di Dante Alighieri, la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, L’Adone del Cavalier Marino ed altri scritti con i quali prese tanta dimestichezza che anch’egli cominciò a poetare soprattutto in ottava rima, divenendo in questo genere un vero caposcuola. Tornato in patria, al lavoro del campicello alternava, insieme con altri simpatizzanti di questo genere ludico di Curetta, gare poetiche con un gruppo di poeti di Penna San Giovanni, capeggiati questi da Secondo Vitturini (che ha avuto l’onore di vedere pubblicati alcuni suoi scritti). Anche il nostro poeta – contadino ha visto nel 1959, a cura del professore Federico Costa, pubblicate alcune sue composizione veramente pregevoli.
GUIDO PACI (1949-1983)
Il 10 aprile 1983 a Imola, durante la 200 miglia di motociclismo, moriva il serviglianese Guido Paci. Gli furono fatali una curva, una scivolata, l’impatto con la moto. Guido era nato a Servigliano il 17 dicembre 1949, da Giuseppe e da Cleira Cairati. Maresciallo dell’Aeronautica (prestava servizio alla base di Cameri), gareggiava con successo, seppur da privato (quindi senza sponsor), nella classe 500. Grandi e piccole soddisfazioni di quando campioni come Kenny Roberts gli dicevano ‘Guido, speriamo che resti… povero’, riempivano di orgoglio i serviglianesi e gli davano nuovi stimoli. Conosceva la sofferenza, la passione, i sentimenti semplici della comunità locale. Prima di cominciare a gareggiare in moto nel 1978 era stato bobbista di talento conquistando due titoli tricolori e giungendo terzo nel campionato europeo del bob a due. Nel ’79, trionfando a Imola e a Monza, aveva ottenuto il titolo di campione italiano junior delle 500 (davanti a Reggiani) e aveva debuttato da senior nella successiva stagione. Vinse due volte a Misano con la Suzuki. Alla Jamaha nel 1981, in questo anno concluse il Campionato Mondiale, primo dei privati in undicesima posizione. Sposato con Helene Maier, il 17 dicembre 1976 a Milano. Moriva in un incidente il 10 aprile 1983 a Imola. Nei ricordi si aprono le immagini dei suoi successi e dei cupi silenzi nei giorni in cui le sue aspettative di avere un mezzo competitivo sfumavano. Dopo la sua morte, La Gazzetta dello Sport dedicò due pagine al pilota e all’uomo. Alle esequie, officiate a Servigliano, partecipò il gotha del motociclismo. Sono trascorsi quattro lustri da quando Guido Paci ha lasciato la vita terrena ed è entrato nella leggenda. Si rimpiangono il suo coraggio, la sua passione sportiva, la sua grande umanità. La presenza di un uomo tenace, determinato e sincero è viva più che mai. E non solo nelle Marche.